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Syrie Maugham by Cecil Beaton
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Syrie Maugham, leggenda dell’interior design

Avete mai sentito parlare della “Regina bianca” dell’interior design, Syrie Maugham?

Confesso, nemmeno io, almeno finché non mi è capitato tra le mani questa estate un bel romanzo del suo celebre secondo marito, Somerset Maugham. 

A pensarci bene, non sono molte le donne del passato famose nel campo dell’interior design, e forse varrebbe la pena approfondire il tema e cominciare una rubrica su questo blog.

Del lavoro di Syrie Maugham (1879-1955) sono rimaste poche immagini e pochissima documentazione, eppure la storia del design le deve moltissimo.

Si dice che fosse una vera trendsetter e un’icona della moda; il suo stile raffinato e glamour portò un vento di modernità nel jet-set inglese e americano di cent’anni fa. 

Nata in una famiglia benestante, Syrie ebbe ben due matrimoni infelici, il secondo appunto con il celebre scrittore di cui prese il cognome, che però le mancava di rispetto e le preferiva un altro uomo: il matrimonio tra Syrie e Somerset fu sostanzialmente un matrimonio di facciata, e durò solo una decina di anni. 

Fu così che Syrie, con una determinazione che potremmo definire proto-femminista, decise di offrire la sua collaborazione a Thornton-Smith Ltd, un importante commerciante di mobili antichi di Londra, in cambio di una formazione nel campo del design e della decorazione di interni. 

Lavorò gratuitamente  per apprendere il restauro dei mobili, la tecnica del trompe-l’oeil, il design delle tende e la meccanica delle tappezzerie, finché non aprì il suo negozio a Beaker Street nel 1922. Inizialmente importava mobili dalla provincia francese, che poi decapava, restaurava e decorava.  

Dopo il divorzio da Somerset, grazie al quale ottenne una villa, una Rolls-Royce e un bell’assegno di mantenimento, riuscì a imporsi come arbitra del gusto nell’ambiente esclusivo dei suoi clienti, di cui facevano parte il duca e la duchessa di Windsor, il fotografo Cecil Beaton (autore del ritratto di Syrie nella prima foto), Mona von Bismarck, Elsa Schiapparelli e Coco Chanel, cosi come star di Broadway e aristocratici europei; arredando le case dell’alta società, conquistò anche il mercato americano, e finì per aprire negozi anche a New York e a Chicago.

Di tutto il suo lavoro, è rimasta celebre la sua “Drawing room” (seconda foto) tutta declinata in sfumature candide, dal panna al grigio perla, al sabbia, con i grandi divani rivestiti di satin beige chiaro, un enorme tappeto, le sedie Luigi XVI dipinte di bianco e una gran quantità di pannelli rivestiti di specchio. Consapevole dell’importanza del marketing, Syrie rivelò il design della stanza a un party a lume di candela; l’evento ebbe molta risonanza, tanto che da allora l’autorevole rivista House and Garden le conferì l’appellativo di “White Queen”. 

A quanto pare, malgrado il soprannome, Syrie non si limitava alle sfumature di bianco, ma utilizzava una palette varia; qualcuno parla di muri azzurri scelti per una casa al mare, beige in città, carta da parati verde smeraldo e cuscini color magenta, o rosa Schiapparelli, mobili neri, color burro o verdi. 

Ma il bianco era sicuramente il colore che Syrie prediligeva per i mobili; li decapava e dipingeva con disinvoltura usando una tecnica segreta di craquelure che lasciava ben visibili i difetti e le crepe del legno. 

Questo vi fa pensare a qualcosa? A me fa pensare che lo stile “shabby-chic” è nato molto prima di quanto si pensi!

Bisogna considerare che Syrie era nata in epoca Vittoriana, caratterizzata da mobili scuri, da interni bui e sovraccarichi di oggetti e carte da parati con decori floreali. Pensate quindi quanto fu innovativa! Il suo stile era tutto fuorché austero; era leggero, luminoso e accogliente. L’uso di schermi e pannelli a specchio rendeva i suoi interni ariosi e pieni di luce.

Un’altra caratteristica erano i divani ampi e dalle linee decò, spesso rivestiti di velluto o satin chiari, con stampe moderne e impreziositi da frange sui bordi. 

Le sue stanze eteree si tradussero in set di produzioni teatrali e cinematografiche, tanto che ciò che noi identifichiamo come il glamour di Hollywood negli anni ’30 deve molto all’estetica di Syrie, che era un mix tra eleganza tradizionale, moderna semplicità e qualche dettaglio surrealista.

Per chiudere con un pò di sano name-dropping, e per chi vuole conoscere le varie personalità del tempo, durante la sua carriera Syrie collaborò con Salvador Dalì, con il designer di mobili Jean Michel Frank, con la fiorista Constance Spry, con lo scenografo Oliver Messel, con l’architetto David Adler, la decoratrice Frances Elkins, e la designer americana Ellie de Wolfe.  

Nell’attesa di approfondire qualcuno di questi nomi in futuro, chiudo condividendo con voi la soddisfazione di aver aggiunto un nome di donna nella mia personale storia dell’arte.

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